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Il ghiaccio nello spazio è meno caotico dell’acqua: scoperta una struttura semi-cristallina

Illustrazione di una cometa (Canva FOTO) - sciencecue.it

Illustrazione di una cometa (Canva FOTO) - sciencecue.it

Una forma inaspettata di ghiaccio spaziale rivela una struttura particolare, più ordinata rispetto all’acqua liquida.

Per anni si è pensato che il ghiaccio che si forma nello spazio, come quello che si trova su comete, lune ghiacciate o nelle nubi dove nascono stelle e pianeti, fosse amorfo. Cioè, del tutto privo di struttura, come se fosse una specie di “istantanea” di acqua liquida congelata all’improvviso. In effetti, a temperature così basse, si immaginava che le molecole non avessero nemmeno il tempo o l’energia per mettersi in ordine e formare dei cristalli, come accade per esempio nei fiocchi di neve sulla Terra.

Ma uno studio pubblicato su Physical Review B cambia le carte in tavola. Gli scienziati dell’UCL e dell’Università di Cambridge hanno scoperto che il cosiddetto “ghiaccio amorfo a bassa densità”, che è il tipo più comune nel cosmo, non è del tutto disordinato. Anzi, al suo interno ci sarebbero minuscoli cristalli, larghi appena 3 nanometri, incastonati in una matrice disorganizzata.

Questa scoperta non è solo una questione tecnica da laboratorio: sapere com’è fatto il ghiaccio spaziale ci dice molto su come si formano i pianeti, su come viaggia la materia nell’Universo e, forse, anche su come potrebbe essere iniziata la vita sulla Terra. Secondo l’ipotesi della panspermia, infatti, i mattoni fondamentali della vita potrebbero essere stati trasportati da una cometa ricoperta proprio da questo tipo di ghiaccio.

I ricercatori, tra cui il dottor Michael B. Davies (UCL e Cambridge), hanno usato simulazioni al computer e campioni reali per dimostrare che il ghiaccio spaziale non è affatto un caos congelato. E non solo: a seconda di come si forma, può lasciare una “traccia” nella sua struttura interna che resiste persino al riscaldamento e alla ricristallizzazione. Una specie di memoria molecolare.

Il ghiaccio più comune dell’Universo non è come lo immaginavamo

Lo studio si è concentrato su una particolare forma di ghiaccio, chiamata LDA (low-density amorphous ice), che si trova praticamente ovunque nello spazio profondo: dalle comete ai dischi di polvere attorno alle stelle. Per analizzarne la struttura, il team ha usato due approcci: simulazioni numeriche e esperimenti in laboratorio. Con i modelli al computer, hanno simulato il congelamento dell’acqua in condizioni estreme, raffreddandola a -120 °C con diverse velocità. E sorpresa: le simulazioni che più somigliavano ai dati reali erano quelle in cui il ghiaccio non era totalmente amorfo, ma conteneva circa il 20% di minuscoli cristalli ordinati.

Non solo: costruendo strutture policrostalline artificiali, cioè insiemi di tanti piccoli cristalli messi insieme, e lasciando che le zone di contatto tra i cristalli diventassero disordinate, si otteneva una struttura molto simile al ghiaccio LDA osservato negli esperimenti. Questo tipo di ghiaccio “ibrido” (né del tutto amorfo, né completamente cristallino), corrispondeva bene anche ai dati di diffrazione a raggi X, una tecnica che permette di vedere com’è organizzata la materia a livello atomico. In entrambi i casi, il miglior risultato si otteneva con una struttura circa al 25% cristallina, distribuita in tanti piccoli granuli sparsi nella massa.

Illustrazione della sperimentazione (Davies et al., 2025 FOTO) - sciencecue.it
Illustrazione della sperimentazione (Davies et al., 2025 FOTO) – sciencecue.it

Potenziali implicazioni cosmiche

Uno degli aspetti più interessanti di questo studio riguarda il cosiddetto “effetto memoria”. Quando gli scienziati hanno riscaldato vari tipi di ghiaccio LDA, hanno notato che le strutture cristalline finali dipendevano da come era stato formato il ghiaccio inizialmente. Questo non dovrebbe succedere se il ghiaccio fosse veramente amorfo, cioè totalmente disordinato. Invece, la presenza di cristalli nascosti all’interno spiegherebbe questa “eredità” strutturale: il ghiaccio LDA conserva una traccia del suo passato. I risultati, ottenuti da campioni prodotti in modi diversi (da vapore acqueo congelato, da ghiaccio compresso, ecc.), indicano che la percentuale di cubicità dei cristalli finali, cioè quanto sono simili a una struttura cubica anziché esagonale, varia sensibilmente in base alla forma d’origine.

Questo cambia parecchie cose. Se davvero il ghiaccio spaziale è parzialmente cristallino, potrebbe essere meno adatto a custodire molecole complesse come amminoacidi, perché offre meno “spazio” libero nei suoi pori rispetto a un materiale completamente amorfo. Ma rimangono comunque delle aree disordinate dove queste molecole potrebbero infilarsi e viaggiare tra le stelle, magari arrivando fino a pianeti giovani come la Terra.