Radici “intelligenti”: come le piante reindirizzano le proprie radici verso l’acqua in modo rapido e preciso

Illustrazione delle radice di una pianta (Canva FOTO) - sciencecue.it
Questa scoperta mette in luce un “comportamento” molto particolare delle piante, che riescono a reindirizzare le radici senza problemi.
C’è qualcosa di straordinario nel modo in cui le piante riescono a orientarsi, letteralmente, anche sottoterra. Quando l’ambiente diventa ostile, quando il terreno comincia a seccarsi, le radici non si “arrendono”: cercano l’acqua, cambiano direzione, si adattano. È un comportamento che può sembrare quasi “intelligente”, anche se in realtà è il frutto di una serie complessa di segnali molecolari che le piante hanno evoluto nel tempo.
Un studio guidato dall’Università di Nottingham, in collaborazione con Durham University e altri istituti europei, ha rivelato uno di questi meccanismi in azione. I ricercatori hanno scoperto una sorta di “interruttore molecolare” rapidissimo, che permette alle radici di capire quando stanno entrando in una zona asciutta e di modificare la loro crescita in tempo reale. Non si parla solo di sopravvivenza, ma di strategia: meno sprechi, più efficienza.
Il punto chiave di questo processo è un’impennata nei livelli di specie reattive dell’ossigeno (ROS), che agiscono come segnali di allarme. Appena la punta della radice percepisce che il terreno è troppo secco, scatta questa risposta interna: la formazione di nuove ramificazioni si blocca e la crescita si riorienta verso zone più promettenti. Un comportamento noto come xerobranching, già osservato ma finalmente spiegato nei suoi dettagli molecolari.
Questo tipo di ricerca non si ferma al mondo vegetale per botanici curiosi. Ha risvolti pratici enormi. Con l’avanzare del cambiamento climatico e il moltiplicarsi dei periodi di siccità, capire come funzionano questi meccanismi può aiutare a progettare colture capaci di sopravvivere in condizioni più estreme.
Segnali invisibili, ma rapidissimi
Il segreto di questa risposta delle piante è nella velocità. Il segnale parte subito, senza passare da vie lente o complesse. Tutto comincia con la produzione locale di ROS, molecole altamente reattive che, in questo caso, funzionano come “spie” che indicano uno stress da siccità. Le cellule delle radici interpretano questi segnali in modo molto preciso: se i livelli di ROS aumentano, vuol dire che qualcosa non va. E quindi, meglio sospendere momentaneamente la produzione di nuove radichette e cercare acqua altrove.
A tradurre questo segnale chimico in un’azione concreta ci pensa una proteina: IAA3, un regolatore dell’ormone auxina, responsabile di tanti aspetti della crescita vegetale. La novità, svelata dallo studio pubblicato su Science, è che questa proteina subisce una trasformazione fisica quando entra in contatto con ROS. Forma dei multimeri, cioè si lega ad altre copie di sé stessa, cambiando comportamento e bloccando temporaneamente l’espressione di certi geni legati alla crescita laterale. In pratica: la pianta riceve un segnale di emergenza e risponde in modo mirato, senza andare nel panico.

Una rete complessa per sopravvivere
I ricercatori, analizzando mutazioni precise all’interno della IAA3, hanno scoperto che alcuni residui di cisteina sono fondamentali per permettere questa multimerizzazione. Se vengono modificati, la proteina non riesce più a reagire correttamente al segnale ROS. Il risultato? Le radici non si fermano come dovrebbero e continuano a formare ramificazioni anche in zone secche, sprecando risorse preziose. Inoltre, si è visto che questo comportamento non è esclusivo di IAA3: anche altre proteine della famiglia AUX/IAA mostrano reazioni simili, suggerendo un sistema più ampio di regolazione redox che collega la disponibilità d’acqua con la crescita delle piante.
Secondo il team guidato dalla ricercatrice Poonam Mehra (University of Nottingham), questa scoperta rappresenta un passo avanti nella comprensione della “plasticità fenotipica” delle piante, cioè la loro capacità di modificare la forma in risposta all’ambiente. Inoltre, lo studio mostra che un’unica proteina può agire come sensore super-reattivo, in grado di collegare lo stress ambientale con le “decisioni” di crescita.