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Meglio una grande foresta che tante (e piccole): risolto un dibattito lungo 50 anni sulla conservazione

Illustrazione di una località montana (Pixabay FOTO) - www.sciencecue.it

Illustrazione di una località montana (Pixabay FOTO) - www.sciencecue.it

Apparentemente potrebbe non esserci nessuna differenza tra una grande foresta, e un’insieme di piccole foreste. Ma è proprio così?

Quando si parla di salvare la biodiversità, una delle prime cose che vengono in mente è: “Proteggiamo più aree verdi possibile, no?” Giustissimo. Ma poi arriva la domanda spinosa che divide da anni gli ecologi: è meglio avere tante piccole aree naturali sparse qua e là, o un’unica, enorme foresta intatta?

È un po’ come chiedersi se sia meglio avere tanti piccoli giardini in città o una gigantesca riserva naturale tutta d’un pezzo. A occhio, uno potrebbe pensare che tutto fa brodo, e che alla fine l’importante è che gli animali e le piante abbiano almeno qualche posto dove stare. Ma a quanto pare, le cose non sono proprio così semplici.

Un team di ricercatori dell’Università del Michigan, insieme a colleghi da tutto il mondo, ha voluto metterci un punto definitivo. Hanno analizzato la questione con un approccio nuovo, confrontando i dati in modo sistematico e, finalmente, su scala globale. Il risultato? Niente mezze misure: le grandi foreste continue vincono su tutta la linea. I frammenti più piccoli, per quanto possano sembrare utili, non reggono il confronto.

E non è solo questione di varietà di animali e piante. Si parla anche della capacità delle foreste di catturare e immagazzinare anidride carbonica, cioè quel famoso gas responsabile del riscaldamento globale. Quindi sì, proteggere le grandi foreste è anche una questione di clima, non solo di cinguettii e foglie verdi.

Più grande è, meglio è

Questa volta i ricercatori hanno preso sul serio la faccenda e ci sono andati giù pesante con i numeri: 4.006 specie studiate in 37 siti diversi, sparsi in tutto il mondo. Hanno confrontato foreste frammentate (quei pezzi sparsi tra campi coltivati, città o strade) con grandi distese di vegetazione intatta. E sai che hanno scoperto? Che i paesaggi frammentati avevano, in media, il 13,6% in meno di specie a livello locale (quello che loro chiamano “diversità alfa”) e il 12,1% in meno su scala più ampia, cioè considerando l’intera area (la “gamma”). C’è chi, in passato, sosteneva che avere tante piccole aree sparse potesse comunque essere un bene. Perché? Perché ogni pezzetto, magari, ospita specie diverse dalle altre, quella che viene chiamata “diversità beta”. Un po’ come dire: “Ok, ogni boschetto ha pochi uccelli, ma se sono diversi da quelli del bosco vicino, allora nel complesso abbiamo tanta varietà.” Un ragionamento che ha anche senso… sulla carta.

Il problema, però, è che i numeri non confermano questa speranza. Sì, è vero, nei frammenti ci sono specie diverse da un punto all’altro, ma non abbastanza da compensare le perdite. Insomma, alla fine della fiera, frammentare un habitat vuol dire comunque perdere biodiversità. Punto. E poi c’è una cosa da dire: nei pezzettini di foresta sopravvivono soprattutto le specie generaliste, cioè quelle che si adattano un po’ ovunque. Gli animali e le piante più delicati, quelli più “esigenti”, spariscono per primi. È un po’ come se restassero solo gli ospiti più rumorosi a una festa dove tutti gli altri se ne sono già andati.

Illustrazione di un parco in città (Pixabay FOTO) - www.sciencecue.it
Illustrazione di un parco in città (Pixabay FOTO) – www.sciencecue.it

Restaurare invece di discutere

Una delle cose che colpisce di più è la riflessione finale di Thiago Gonçalves-Souza, uno degli autori principali dello studio. Lui dice, in parole povere: “Ragazzi, forse è ora di smetterla di litigare su cosa sia meglio, se una grande foresta o tante piccole. La verità è che ormai non ne abbiamo più molte, né dell’una né dell’altra. Quindi dobbiamo concentrarci sul recupero. Punto.” E c’ha ragione da vendere.

La maggior parte dei paesi oggi ha solo pezzetti di foreste sparsi, spesso degradati e minacciati da ogni lato. Non possiamo più permetterci il lusso di scegliere tra “grande” o “piccolo”. Dobbiamo rimettere insieme i pezzi. Restaurare, riforestare, collegare habitat interrotti da strade o coltivazioni. Insomma, ricucire il paesaggio come si fa con una coperta strappata.