Fucoidano: nuove scoperte sulle alghe brune
Recenti sono le importanti scoperte sul fucoidano contenuto nelle alghe. Anche le alghe sono infatti oggetto di ricerca; l’interesse è gradualmente aumentato soprattutto nei confronti di quelle proprietà che possono giovare alla salute. Il ricercatore giapponese Kikunae Ikeda aveva scoperto che dall’alga Kombu era possibile estrarre il glutammato monosodico, un sale dell’acido glutammico responsabile del quinto gusto percepito dai recettori della lingua, ovvero l’umami. Più recente è la scoperta del ricercatore Andreas Sichert dell’Istituto Max Planck di microbiologia marina. Dagli studi sulle alghe brune di Sichert è emerso che esse sono ricche di proteine e zuccheri a catena lunga.
Breve introduzione alle alghe brune
Esistono tanti tipi di alghe brune. Oltre alla Kombu precedentemente citata, tra le più importanti ricordiamo:
- la Wakame originaria delle coste fredde del Pacifico nord-occidentale;
- l’Ecklonia facile da trovare nelle acque giapponesi e coreane, usata anche in campo medico;
- il Fucus vesiculosus, comunemente conosciuto come Bladderwrack, che cresce lungo tutta la costa tedesca;
- il Macrocystis e il Sargassum, alghe giganti che crescono a stretto contatto lungo le coste, formando in alcuni casi aggregati galleggianti che possono coprire l’Atlantico da ovest a est.
Fucoidano: uno zucchero importantissimo per le alghe
La ricerca si sofferma in particolare su un polisaccaride chiamato “fucoidano”, uno zucchero a catena lunga che rappresenta circa un quarto della massa secca delle alghe. Esso viene idrolizzato dai microbi più lentamente rispetto ad altri polisaccaridi presenti nelle alghe trattenendo così grandi quantità di carbonio.
Il fucoidano rappresenta inoltre uno dei principali componenti delle pareti cellulari delle alghe ed è in grado di regolare il contenuto d’acqua presente in esse, proteggendo quindi le alghe brune dall’essiccazione durante la bassa marea. Grazie a componenti come il fucoidano le alghe brune hanno sviluppato una particolare struttura cellulare che le rende allo stesso tempo resistenti e flessibili, consentendo alla pianta di sopravvivere in presenza di vento, correnti e onde.
Gli studi sul fucoidano suscitano grande interesse
Agli studi sul fucoidano hanno partecipato studiosi da diverse parti del mondo, nei centri di ricerca e nelle università. Sulla degradazione del fucoidano avevamo fino a poco tempo fa pochissime informazioni. La conoscenza si è arricchita grazie agli studi degli scienziati di Brema. Innanzitutto, il primo passo è stato quello di isolare i batteri del genere Lentimonas, appartenenti al phylum Verrucomicrobia. Non è stata un’impresa semplice: su mille colonie batteriche solo una è stata in grado di degradare il fucoidano. Jan-Hendrik Hehemann, leader del gruppo di ricerca Marine Glycobiology, spiega che i batteri Lentimonas sono in grado di liberare il fucosio sfruttando circa un centinaio di enzimi.
“Si tratta probabilmente di uno dei percorsi biochimici di degradazione dei materiali naturali più complicati che conosciamo”.
La difficoltà nell’estrazione del fucosio suggerisce che solo pochissimi organismi nell’oceano sono in grado di ricavarlo dalle alghe. Secondo Hehemann questo giustifica il lento ricambio della biomassa algale nell’ambiente.
Gli scienziati sono interessati agli enzimi che favoriscono la degradazione del fucoidano perché quest’ultimo può essere utilizzato per scopi terapeutici. Esso infatti mostra effetti simili all’eparina, un principio attivo che rallenta la coagulazione del sangue. Si prospettano molte applicazioni biotecnologiche del fucoidano ecco perché è importante allora approfondire i processi che portano all’estrazione degli zuccheri marini.
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