La vita su Surtsey non è arrivata col vento: sono stati gli uccelli a colonizzare l’isola
Isola in Islanda, ecco come è natalavita (Freepik Foto) - www.sciencecue.it
Quando nel 1963 un’eruzione sottomarina al largo della costa meridionale dell’Islanda diede vita a Surtsey, nessuna forma di vita era presente sulla nuova isola di lava nera e cenere.
Da allora, scienziati di tutto il mondo hanno osservato con attenzione questo laboratorio naturale unico, cercando di capire come la vita colonizzi un ambiente completamente sterile. Per decenni, la teoria dominante sosteneva che le prime piante arrivassero trasportate dal vento o dalle correnti marine, come avviene spesso nelle isole oceaniche.
Un nuovo studio pubblicato nel 2025 su Ecology Letters ribalta però questa visione classica. Analizzando i dati raccolti negli ultimi sessant’anni, i ricercatori hanno scoperto che la maggior parte delle piante che oggi vivono su Surtsey non possiede i tratti tipici della dispersione a lunga distanza, come semi leggeri o frutti galleggianti. Al contrario, la loro distribuzione sull’isola coincide quasi perfettamente con la presenza e l’espansione delle colonie di uccelli marini.
Gli studiosi hanno dimostrato che gli uccelli — in particolare gabbiani, oche e trampolieri — hanno avuto un ruolo chiave nel trasporto dei semi, sia ingerendoli e poi espellendoli attraverso il guano, sia portandoli attaccati al piumaggio o alle zampe. In questo modo, le specie vegetali sono state introdotte nei luoghi in cui gli uccelli nidificavano o si radunavano, dando origine ai primi nuclei di vegetazione stabile.
Parallelamente, il guano ha contribuito ad arricchire il terreno sterile con nutrienti essenziali, come azoto e fosforo, creando microhabitat fertili dove le piante potevano attecchire. Queste “oasi biologiche” hanno rappresentato il punto di partenza per una colonizzazione più ampia dell’isola, che negli ultimi decenni ha visto una progressiva espansione del verde.
Gli uccelli come architetti dell’ecosistema
L’arrivo stabile delle colonie di gabbiani, a partire dagli anni ’80, ha segnato una svolta decisiva nella successione ecologica di Surtsey. Le zone di nidificazione si sono trasformate in veri e propri centri di biodiversità, dove si sono accumulati semi, resti organici e nutrienti. Di fatto, gli uccelli hanno creato le condizioni ambientali necessarie perché l’isola passasse da un deserto vulcanico a un ecosistema in via di maturazione.
Questo processo mostra che non sempre la capacità di dispersione delle piante dipende dai loro tratti fisici. L’interazione ecologica con altri organismi, come gli uccelli, può risultare molto più importante nel determinare chi riesce ad arrivare e a sopravvivere in un nuovo ambiente. In altre parole, la colonizzazione biologica non è soltanto una questione di distanza o di vento, ma anche di relazioni tra specie.

Nuove prospettive sulla dispersione e sul cambiamento climatico
Le conclusioni tratte da Surtsey potrebbero avere implicazioni più ampie per l’ecologia delle isole e la biogeografia. Se gli uccelli sono in grado di determinare in larga misura la distribuzione delle piante, i cambiamenti nei loro comportamenti migratori — dovuti al riscaldamento globale — potrebbero influenzare direttamente la diffusione futura della vegetazione. Gli studiosi sottolineano che comprendere questi legami è fondamentale per prevedere come gli ecosistemi reagiranno ai cambiamenti ambientali.
Oggi Surtsey continua a essere un laboratorio naturale protetto, dove l’accesso umano è severamente limitato per preservare i processi ecologici in corso. A più di sessant’anni dalla sua nascita, l’isola dimostra che la vita può fiorire anche nei luoghi più inospitali — ma non sempre seguendo i percorsi che immaginiamo. Gli uccelli, più del vento o del mare, si sono rivelati i veri pionieri di questa straordinaria avventura naturale.
