Dite addio alle ciambelle: dopo anni di lavoro chiude un colosso | Se ne volete una, ve la dovete fare con le vostre mani
Ciambelle addio (Depositphotos foto) - www.sciencecue.it
Una catena simbolo delle ciambelle crolla dopo decenni: dietro le vetrine colorate, una crisi lunga e silenziosa.
Le ciambelle sono quasi una religione. Non solo dolci: sono un rituale quotidiano, un punto fermo. Le vedi nei sacchetti di carta unta, nei bar del quartiere, sulle scrivanie degli uffici. Eppure, ultimamente qualcosa si è incrinato. Quella magia semplice – zucchero, glassa, caffè bollente – sembra non bastare più.
Oggi i gusti cambiano alla velocità di un click. Le persone cercano cibo veloce, ordinabile in due tocchi, meglio se salutare (o che almeno lo sembri). Le botteghe storiche, invece, arrancano. Competere con app, servizi digitali e modelli usa-e-getta non è facile per chi ha sempre puntato tutto su qualità e tradizione.
A farne le spese è proprio il mondo del retail alimentare, che sta vivendo un periodo davvero complicato. Negli ultimi anni si sono visti fallimenti illustri, ristrutturazioni disperate, esperimenti finiti male. E dietro ogni insegna che scompare, ci sono storie vere. Umani, non solo numeri.
Perché, diciamolo, quando chiude un posto storico, non perdi solo un negozio. Perdi un angolo di memoria collettiva, il profumo che sentivi da bambino, quella pausa fissa del mercoledì pomeriggio. È come se un pezzo di città – o di infanzia – venisse tirato giù con la serranda.
Sembrava tutto sotto controllo, ma non lo era
E infatti non parliamo di una catena qualsiasi. Come riporta Money.it, dopo sessant’anni di onorato servizio, Jack’s Donuts ha ufficialmente dichiarato bancarotta. Ha avviato la procedura del Chapter 11 – quella che permette alle aziende USA di provare a rimettersi in piedi, riorganizzando i debiti.
A parole, l’azienda ha cercato di rassicurare tutti: negozi aperti, dipendenti al lavoro, nessun cambiamento drastico all’orizzonte. Ma tra le righe si capisce che la situazione è più seria. La tenuta dell’intero brand è appesa a un filo sottile, e le divisioni interne sembrano molto più profonde di quanto mostrato all’esterno.

Il vero caos è iniziato qualche anno fa
Tutto è precipitato (o forse, è solo venuto a galla) nel 2023. Lì, la sede centrale ha preso una decisione che ha mandato su tutte le furie i negozi affiliati: niente più donuts fatti sul posto. Da quel momento, i punti vendita sono stati obbligati a comprare i prodotti già pronti, centralizzati. Risultato? Macchinari venduti, fornai licenziati e… clienti arrabbiati. Molto arrabbiati. “Sembravano dolci da autogrill”, ha raccontato una titolare dell’Indiana a WRTV. Un disastro.
Come se non bastasse, i franchisee – cioè i gestori dei singoli negozi – hanno firmato una lettera collettiva chiedendo le dimissioni del CEO, Lee Marcum. Lo accusano di gestione discutibile, e di aver messo in piedi società per scopi personali. Da lì in poi, il crollo è stato solo questione di tempo. Ora Jack’s Donuts prova a salvarsi, ma quella ciambella che sembrava perfetta ha cominciato a sgretolarsi, pezzo dopo pezzo.
