Disastro del settore AUTOMOBILISTICO | Chi ha una di queste auto può presentare ricorso: un guaio tecnico ti fa ottenere il rimborso

Auto e disguidi (Depositphotos foto) - www.sciencecue.it
Dietro le quinte dell’automotive si agita una tempesta legale che potrebbe cambiare per sempre il rapporto con i consumatori.
Negli ultimi tempi, l’industria dell’auto ha iniziato a scricchiolare sotto il peso di cambiamenti pesanti. Eppure, non è solo una questione di tecnologia: a far discutere è sempre più spesso il rapporto tra aziende e consumatori. Quando sali su un’auto, ti aspetti trasparenza, affidabilità, rispetto delle regole. Ma… ecco, non sempre va così.
Oggi non si parla d’altro: sostenibilità, emissioni, impatto. Soprattutto in un settore come questo. Oggi ogni grammo di CO₂ conta e ogni dichiarazione tecnica viene passata al microscopio. E allora? Alcuni marchi famosi si sono ritrovati dentro polemiche mica da poco.
Ma non è solo una questione tecnica o “da esperti”. C’è di mezzo gente vera: milioni di automobilisti che hanno comprato auto pensando di fare una scelta consapevole. Alcuni, oggi, si sentono presi in giro. E quando ti senti ingannato, vuoi risposte, magari anche un risarcimento. Così stanno crescendo cause collettive, ricorsi, class action. Insomma: non è più il tempo del “chiudere un occhio”.
Nel frattempo, le aziende fanno i conti con un mercato che cambia alla velocità della luce. E tutto — proprio tutto — può trasformarsi in un rischio: una notizia, una sentenza, anche solo un sospetto. Basta poco per scatenare il panico. In questo scenario già teso, è arrivata una nuova grana.
Una storia che torna, ma con nuovi protagonisti
A Londra si è aperto il processo legato al Dieselgate che coinvolge cinque produttori automobilistici: Renault, Peugeot-Citroën, Mercedes-Benz, Nissan e Ford. L’accusa è quella di aver utilizzato dispositivi capaci di modificare i risultati dei test sulle emissioni quando i veicoli venivano sottoposti a controlli ambientali. Il procedimento è accompagnato da una delle più ampie azioni collettive mai intentate nel Regno Unito, con circa 1,6 milioni di automobilisti che chiedono un risarcimento.
Secondo i legali dei ricorrenti, si tratterebbe di un “inganno industriale sistemico”, mentre le case automobilistiche coinvolte negano ogni responsabilità, affermando che i sistemi utilizzati rientravano nei limiti delle normative europee in vigore all’epoca. Il precedente del caso Volkswagen, che nel 2015 ha ammesso di aver installato un software capace di riconoscere i test di laboratorio e abbassare artificialmente le emissioni, è considerato rilevante per il processo in corso.

Rimborsi in vista e un precedente che fa paura
Nel 2020, l’Alta Corte britannica ha stabilito la colpevolezza di Volkswagen per l’uso di software manipolati. Il procedimento si è concluso con un accordo da 193 milioni di sterline. Come riporta QuiFinanza, quella sentenza costituisce ora un precedente giuridico che potrebbe avere un impatto sull’attuale processo.
La Corte britannica dovrà ora accertare se i cinque marchi a giudizio abbiano effettivamente impiegato dispositivi illegali. L’udienza principale è prevista entro la fine del 2025, con le parti che torneranno in aula per le argomentazioni più complesse nella prima metà del 2026. La sentenza definitiva è attesa per l’estate del prossimo anno. L’esito del processo potrebbe influenzare anche altri casi simili già aperti contro marchi come Volkswagen-Porsche, Jaguar Land Rover, Bmw, Fca-Suzuki, Volvo, Toyota, Mazda, Vauxhall-Opel e Hyundai-Kia.