Neuroscienze in acqua: un robot-pesce dimostra che il cervello funziona meglio con il corpo
Neuroscienze acqua, l'esperimento Zbot (medschool.duke.edu) - ScienceCUE
Un robot pesce permette agli scienziati di fare una scoperta importante: sviluppi nel campo delle neuroscienze in arrivo?
La tecnologia fa passi da gigante grazie alle ultime innovazioni che stanno permettendo a ricercatori in tutto il mondo di progredire in campi delicati come la neuroscienza. Non a caso, proprio in questo settore sembra che ora sia stata fatta un’altra interessante scoperta.
Nel dettaglio, una nuova ricerca della Duke University School of Medicine e del Politecnico Federale di Losanna (EPFL) svela l’incredibile collaborazione tra cervello e corpo che rende possibile un comportamento apparentemente semplice: come può un pesce risalire la corrente senza farsi trascinare via.
Lo studio, pubblicato su Science Robotics, non solo spiega come funziona questo meccanismo naturale, ma mette anche in discussione il modo in cui la scienza studia il cervello.
Ecco tutto quello che c’è da sapere a questo proposito e quali potrebbero essere gli sviluppi nel campo delle neuroscienze.
Neuroscienze in acqua: l’esperimento e la scoperta
Gli scienziati hanno utilizzato larve di pesce zebra (zebrafish), un piccolo pesce d’acqua dolce molto usato nella ricerca per la sua trasparenza, che permette di osservare in tempo reale l’attività cerebrale. Guidati dalla neurobiologa Eva A. Naumann della Duke University, i ricercatori hanno analizzato come il cervello del pesce reagisce a stimoli visivi simili a quelli di un corso d’acqua in movimento. In collaborazione con il laboratorio di Auke Ijspeert all’EPFL, i ricercatori Xiangxiao Liu e Matthew D. Loring hanno sviluppato un modello virtuale chiamato simZFish.
Successivamente, il team svizzero il team svizzero ha costruito anche un robot fisico, ZBot, 200 volte più grande di un vero pesce zebra, dotato di “occhi” a telecamera e di una coda motorizzata. ZBot è stato in grado di nuotare controcorrente nel fiume Chamberonne in Svizzera, affidandosi esclusivamente ai segnali visivi per mantenere la posizione. Una delle scoperte più interessanti riguarda il modo in cui il cervello filtra le informazioni visive. Gli scienziati hanno identificato cellule nervose specifiche, i neuroni preteettali, che rispondono principalmente ai movimenti percepiti nella parte inferiore del campo visivo, dove il flusso ottico del fondale è più utile per orientarsi controcorrente.

Le conseguenze positive dello studio
Lo studio ha mostrato che un approccio in tre fasi, quindi con esperimenti biologici, simulazioni computazionali e test biologici, può rivelare come i circuiti neurali si traducano in comportamenti reali. Questo metodo sottolinea un concetto chiave: per comprendere il cervello, bisogna considerare anche il corpo e l’ambiente in cui si muove.
Come spiega Naumann, la neuroscienza tradizionale tende a isolare il cervello dallo spazio fisico, ma “i cervelli si sono evoluti all’interno di corpi che interagiscono con il mondo“. La ricerca apre così nuove strade per studiare non solo la visione, ma anche altri sensi, come il tatto, che cooperano per guidare il comportamento.
