Scordatevi stipendi astronomici: chi lavora con Borghese guadagna una miseria | La rivelazione di chi ha fatto un colloquio con lui

Alessandro Borghese (Alessandro Borghese - 4 ristoranti - youtube screenshot) - www.sciencecue.it
Dietro le luci dei riflettori, la realtà del lavoro con Alessandro Borghese tra stipendi e aspettative dei giovani chef.
Nel mondo della cucina, dove la passione si mescola con la fatica (e con un bel po’ di stress), parlare di stipendi e lavoro è sempre un terreno scivoloso. Dietro i piatti perfetti e le luci dei programmi TV c’è spesso una realtà molto meno patinata: tante ore, pochi riposi e compensi che non fanno certo sognare. Il problema è che oggi si parla tanto di “formazione”, ma in molti casi chi comincia si sente più sfruttato che valorizzato.
Negli ultimi anni il dibattito è diventato ancora più acceso. C’è chi difende la vecchia idea dell’apprendistato, dove si impara osservando e facendo, anche per poco o nulla, e chi invece dice basta: “il lavoro va pagato”. Due visioni diverse, quasi inconciliabili. E nel mezzo ci sono i giovani, che cercano di farsi strada in un settore competitivo e pieno di contraddizioni.
Cucinare può sembrare un sogno, ma la verità è che molti ragazzi si trovano davanti a un bivio: accettare stipendi bassi pur di imparare oppure cercare subito un posto più redditizio, rischiando però di bruciare esperienze preziose. È un equilibrio complicato, dove la passione non sempre basta a pagare l’affitto. E il confine tra “fare esperienza” e “essere sfruttati” è sottile, a volte quasi invisibile.
C’è però chi difende ancora la vecchia scuola, quella dove impari sul serio solo sporcandoti le mani e facendo mille errori. Per alcuni grandi chef, l’apprendistato resta il punto di partenza obbligato, anche se oggi molti giovani lo guardano con sospetto, come se fosse una cosa da altri tempi… o forse da un altro mondo.
Il lavoro come scuola di vita
Proprio su questo tema è tornato Alessandro Borghese, come riporta Leggo tramite una sua intervista al podcast “Passa dal Bmst”, raccontando com’è stato il suo inizio nel mondo della ristorazione. Ha detto che da ragazzo ha imparato “alla pari”, cioè senza stipendio, ma con la possibilità di crescere al fianco di veri professionisti. Oggi, spiega lui, una cosa del genere sarebbe quasi impensabile.
Lo chef ha ammesso che, se dicesse a qualcuno di lavorare gratis per imparare, lo chiamerebbero subito “schiavista”. Ma per lui, quell’esperienza è stata tutto: fatica, disciplina e opportunità. “Ai miei tempi”, ha raccontato, “si imparava così”. E un pò si capisce il tono nostalgico, anche se il mondo del lavoro è cambiato parecchio da allora.

Stipendi, aspettative e realtà
Nella stessa intervista, Borghese ha parlato anche dei compensi nel suo ristorante. Niente cifre da capogiro, anzi. Ha spiegato che garantisce tredicesima, quattordicesima e welfare, ma che i giovani spesso arrivano con aspettative troppo alte. “Qualcuno mi chiede subito quanto guadagnerà o quanti giorni liberi avrà” ha detto, “e io rispondo: dimmi prima cosa sai fare. Offro degli stipendi ai quali a volte mi rispondono “pensavo di più””.
Poi ha aggiunto una frase che riassume tutto: “In Italia ci sono stipendi bassi, vorrei pagare di più ma si devono far quadrare i conti.” Una realtà che forse molti non vogliono sentire, ma che chi lavora in cucina conosce bene. E, come direbbe lui, tra passione e bollette da pagare… la sfida è servita.