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Ricerca sui topi: l’ambiente disattiva il “switch” dell’istinto di fuga

Topi

Un'indagine rivelatrice (depositphotos.com) - www.sciencecue.it

Una ricerca SISSA-Harvard rivela che l’istinto di fuga nei topi è controllato da un “interruttore” cerebrale, influenzato dall’ambiente.

La sopravvivenza di un animale è in gran parte influenzata da un istinto primordiale: scappare o rimanere immobili quando un predatore si avvicina. Ma cosa determina quale reazione adottare?

Secondo un’indagine pubblicata da ANSA, l’ambiente naturale può attivare un vero e proprio “interruttore” nel cervello che gestisce l’istinto di fuga nei topi. In breve, un roditore che vive in una foresta risponde in modo diverso rispetto a un parente che abita in una prateria, a causa del diverso contesto in cui si è sviluppato.

Questa ricerca, realizzata in collaborazione tra il SISSA di Trieste e Harvard, segna un progresso importante nel campo delle neuroscienze comportamentali.

I ricercatori hanno analizzato due specie del genere Peromyscus: P.maniculatus, tipico delle foreste, e P.polionotus, presente nelle praterie. Entrambi rilevano la minaccia in ugual modo, ma la loro reazione differisce: il primo scappa, mentre il secondo rimane immobile.

L’interruttore cerebrale di risposta

Come riportato dall’ ANSA e approfondito ulteriormente da Edu News e News-Medical, la ricerca ha evidenziato che nei topi delle foreste (i P. maniculatus) l’attivazione del dPAG avviene in modo tempestivo, provocando una fuga immediata. Al contrario, nei topi delle praterie (i P. polionotus), è necessario uno stimolo molto più forte per attivare la medesima rete neurale — il cervello rimane inattivo di fronte a pericoli moderati, favorendo un comportamento di immobilità.

Tecnologie innovative come la registrazione neuronale attraverso sonde Neuropixels e l’optogenetica hanno consentito agli scienziati di monitorare e modificare attivamente questo interruttore: attivandolo in modo artificiale, hanno provocato la fuga anche in situazioni apparentemente calme; disattivandolo, hanno reso i topi delle foreste simili a quelli delle praterie, più inclini a non muoversi.

Cervello
Dipende dall’ambiente (depositphotos.com) – www.sciencecue.it

Evoluzione e plasticità

Le varianti nella reazione deriverebbero da pressioni ambientali: la fitta vegetazione del bosco incoraggia la fuga, fornendo protezione e sicurezza. In contrasto, negli spazi aperti, dove scappare presenta dei rischi, rimanere fermi può rivelarsi una strategia più sicura. L’evoluzione, influenzando l’interruttore cerebrale centrale — e non i sensori periferici — offre una risposta comportamentale ottimale, mantenendo comunque la percezione del pericolo invariata.

Un altro filone di ricerca, condotto presso il Sainsbury Wellcome Centre della University College London, ha identificato un meccanismo simile in altre aree del cervello. Qui, il “ventral lateral geniculate nucleus” (vLGN) regola la paura sulla base della memoria e dell’esperienza dell’animale, agendo come una soglia che determina se rimanere calmi o scappare, a seconda della situazione e delle esperienze passate. Le conseguenze di questa scoperta sono molteplici: in ambito neuroscientifico, questo studio apre a riflessioni sulla modulazione dei comportamenti innati anche negli esseri umani: circuiti cerebrali simili potrebbero essere implicati in ansietà, fobie o disturbi post-traumatici. Futuri esperimenti potrebbero persino indagare come modificare artificialmente questi “interruttori” per affrontare condizioni cliniche legate alla paura patologica.