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Perché le nostre dita si raggrinziscono nell’acqua?

Illustrazione di mani raggrinzite (Canva FOTO) - sciencecue.it

Illustrazione di mani raggrinzite (Canva FOTO) - sciencecue.it

Molti spesso se lo chiedono, soprattutto dopo aver fatto un bagno o una doccia. E la spiegazione non è scontata!

Chiunque abbia passato un po’ di tempo in acqua conosce bene quella strana trasformazione delle dita: la pelle si raggrinzisce, assumendo l’aspetto di un chicco d’uva appassito. È un fenomeno così familiare che si tende a darlo per scontato, ma dietro quelle pieghe c’è molto più di quanto sembri. Non è solo una curiosità estetica, ma un comportamento del corpo governato da meccanismi nervosi e forse da antiche pressioni evolutive.

Già negli anni Trenta del Novecento era stato notato che le persone con danni ai nervi delle mani non sviluppavano queste rughe dopo immersione. Un dettaglio che ha messo in crisi la vecchia idea dell’osmosi passiva e ha aperto la porta a un’interpretazione più “attiva”: il sistema nervoso autonomo, lo stesso che regola il battito o la sudorazione, sarebbe il regista di questo piccolo spettacolo cutaneo.

Negli ultimi dieci anni, diverse ricerche hanno indagato se le dita raggrinzite avessero un’utilità concreta. L’ipotesi più affascinante, proposta da Changizi e colleghi nel 2011, è che le rughe funzionino come il battistrada di uno pneumatico, canalizzando l’acqua e rendendo la presa più efficace su superfici bagnate. Successivamente, esperimenti come quello condotto da Davis nel 2021 hanno messo alla prova questa idea, trovando indizi a favore di un vantaggio nel grip (meno forza, presa più efficace).

E poi è arrivato uno studio più recente, pubblicato da Laytin e German nel 2025, che ha aggiunto un nuovo tassello: non solo le rughe non sono casuali, ma ogni individuo le sviluppa sempre nello stesso schema. Come un’impronta digitale temporanea, che ritorna uguale a ogni immersione. Una scoperta che apre scenari interessanti, persino in ambito forense.

Un’ipotesi nata da un’osservazione curiosa

L’idea che le dita raggrinzite possano essere state selezionate dall’evoluzione per migliorare la presa ha preso forma con il lavoro di Changizi et al. (2011). Secondo questo studio, le pieghe non sarebbero un effetto collaterale dell’acqua, ma vere e proprie strutture di drenaggio: quando le mani premono su una superficie umida, i “canali” delle rughe farebbero defluire il velo d’acqua, aumentando il contatto e quindi l’aderenza. Un’analogia che richiama immediatamente il disegno dei pneumatici da pioggia.

Questa ipotesi ha trovato un supporto sperimentale significativo con la ricerca di Davis (2021), che ha misurato la forza di presa necessaria per manipolare oggetti in condizioni asciutte, bagnate e con dita rugose. I risultati sono stati chiari: con le rughe, la forza necessaria a trattenere un oggetto bagnato si avvicina molto a quella richiesta in condizioni asciutte, mentre senza rughe bisogna stringere di più. Un’efficienza che, in un contesto naturale, avrebbe potuto fare la differenza tra trattenere una preda scivolosa o lasciarla fuggire.

Illustrazione di un dito raggrinzito (Canva FOTO) - sciencecue.it
Illustrazione di un dito raggrinzito (Canva FOTO) – sciencecue.it

Rughe come impronte e nuove prospettive

Il lavoro di Laytin e German (2025) ha spostato l’attenzione dal “perché” al “come”. Utilizzando un campione, seppur ridotto, di partecipanti, i ricercatori hanno fotografato le dita dopo immersioni ripetute e hanno confrontato le immagini: le rughe non solo comparivano negli stessi punti, ma seguivano la stessa identica orientazione. Un risultato che suggerisce che la disposizione sia determinata dalla rete di vasi sanguigni sotto la pelle, struttura che non cambia posizione nel tempo.

Questa ripetibilità, mai documentata prima, non risolve il dibattito sull’origine evolutiva del fenomeno, anche perché esistono studi contrastanti sul reale miglioramento del grip, ma apre possibilità applicative in campi inattesi, come la biometria e l’identificazione forense. In prospettiva, un giorno le “impronte rugose” potrebbero affiancare quelle digitali tradizionali.