Home » Moon-Rice: l’Agenzia Spaziale Italiana al lavoro per lo sviluppo di una varietà di riso per supportare le future missioni umane

Moon-Rice: l’Agenzia Spaziale Italiana al lavoro per lo sviluppo di una varietà di riso per supportare le future missioni umane

Illustrazione di una coltivazione (Canva FOTO) - sciencecue.it

Illustrazione di una coltivazione (Canva FOTO) - sciencecue.it

L’Agenzia Spaziale Italiana annuncia questa notizia straordinaria, che avrà ripercussioni sulle future missioni spaziali.

Coltivare cibo fresco nello spazio non è più solo fantascienza. Mentre le missioni spaziali si fanno sempre più lunghe, cresce la necessità di trovare soluzioni sostenibili anche per l’alimentazione. Non si può continuare a contare solo su pasti liofilizzati e precotti. Serve qualcosa di vivo, nutriente e coltivabile lontano dalla Terra.

È proprio da questo bisogno che nasce Moon-Rice, un progetto guidato dall’Agenzia Spaziale Italiana (ASI) in collaborazione con tre università italiane. L’obiettivo? Creare una pianta di riso ultra-compatta, ricca di proteine e in grado di crescere in microgravità. Insomma, una sorta di mini-coltura spaziale pensata per nutrire gli astronauti del futuro.

Il progetto è stato presentato ufficialmente durante la conferenza della Society for Experimental Biology, ad Anversa, il 9 luglio 2025. Ed è già chiaro che, oltre a guardare alla Luna e a Marte, Moon-Rice può avere applicazioni utili anche sulla Terra: nei deserti, nelle basi polari o semplicemente in spazi chiusi e limitati.

Secondo la biologa dell’ASI Marta Del Bianco, come riportato dal sito dell’ASI, lavorare su questo tipo di riso significa affrontare problemi universali: coltivare con poche risorse, in ambienti ostili, e al tempo stesso garantire un’alimentazione sana, varia e psicologicamente gratificante.

Una sfida interessante

Come riportato dal sito dell’ASI, il problema più evidente è la taglia: anche le varietà nane attuali sono troppo grandi per lo spazio. Serve qualcosa di ancora più compatto, ma che non perda in produttività. Le versioni super-nane esistono, ma spesso derivano da modifiche ormonali (come l’inibizione della gibberellina) che riducono anche la capacità di germinazione. E questo, ovviamente, è un problema serio quando si parla di agricoltura orbitale.

Il progetto Moon-Rice ha iniziato a lavorarci da circa nove mesi, e i primi risultati sono incoraggianti. L’Università di Milano si occupa della genetica: sta selezionando mutanti che restano sotto i 10 centimetri di altezza. Roma “Sapienza” lavora sull’architettura della pianta, per renderla più efficiente e produttiva. E Napoli “Federico II” porta l’esperienza maturata nella coltivazione in condizioni spaziali.

Illustrazione di una serra (Canva FOTO) - sciencecue.it
Illustrazione di una serra (Canva FOTO) – sciencecue.it

Problemi di…allevamento

Un altro fronte riguarda il contenuto nutrizionale. Visto che allevare animali nello spazio sarebbe poco pratico (per non dire impossibile), il team sta lavorando per aumentare la quota proteica del riso. Come? Modificando la struttura del chicco, in modo che l’embrione (più ricco di proteine rispetto all’amido) sia più sviluppato. Un riso compatto ma denso di nutrienti, adatto per ambienti dove ogni grammo conta.

C’è poi il tema della microgravità. Come riportato dal sito dell’ASI, simulare condizioni spaziali sulla Terra non è semplice: si usano piattaforme rotanti per ingannare la pianta, facendo in modo che non riconosca più il concetto di “alto” e “basso”. Il progetto è ancora all’inizio, ma lascia intravedere un futuro dove una ciotola di riso potrebbe essere coltivata sulla Luna, o magari in una serra tra i ghiacci.