Sincronizzati dieci orologi ottici: un passo decisivo verso la nuova definizione del secondo

Illustrazione di un orologio (Canva FOTO) - sciencecue.it
Definire un secondo è sempre stato alquanto difficile, ma ora con un nuovo studio è stato possibile darne una nuova definizione.
C’è una rivoluzione silenziosa in corso, una di quelle che non fa rumore ma che potrebbe cambiare tutto: il modo in cui misuriamo il tempo. Sì, proprio quel ticchettio invisibile che scandisce le nostre giornate, da sempre fissato sull’unità di misura chiamata “secondo”. Da decenni, il secondo è definito grazie agli orologi al cesio, ma ora un nuovo tipo di orologio sta rubando la scena: quello ottico. E la cosa affascinante è che potrebbe essere talmente preciso da non perdere neanche un battito in miliardi di anni.
Di recente, un gruppo di scienziati di sei Paesi tra cui Italia, Francia, Giappone e Regno Unito ha realizzato qualcosa di straordinario: il più grande confronto mai effettuato tra dieci orologi ottici diversi. Un lavoro di squadra che ha richiesto collegamenti a fibra ottica e satelliti, e che ha ridotto drasticamente l’incertezza nelle misure rispetto agli esperimenti passati. Questa collaborazione è stata fondamentale per avvicinare sempre di più il momento in cui, finalmente, potremo ridefinire ufficialmente il secondo.
Ma perché tutto questo sforzo? Perché cambiare un sistema che funziona già piuttosto bene? In realtà, non si tratta solo di puntualità o orologi da parete più precisi. La questione è molto più ampia e tocca settori come la meteorologia, la geodesia, la fisica teorica e perfino la ricerca sulla materia oscura.
A guidare questo grande esperimento europeo c’è stato il progetto ROCIT, che ha coordinato le operazioni nel 2022 per ben 45 giorni. Sono stati messi in connessione orologi atomici raffinatissimi, costruiti su atomi come lo stronzio, l’itterbio e l’alluminio. Giusto per dare un’idea: secondo la rivista New Scientist, un orologio ottico potrebbe rimanere in orario anche se lo si lasciasse andare per quattro volte l’intera età dell’universo. Quasi inquietante, a pensarci bene.
Orologi del futuro
La base di questi orologi? Gli atomi. Ma non come siamo abituati a vederli nei disegni delle scuole, con i protoni e gli elettroni che girano come pianeti. Qui si parla di atomi raffreddati quasi allo zero assoluto e poi stimolati con laser ultra precisi. Il risultato è una sorta di “battito atomico”, una vibrazione regolare che, tradotta, diventa un’unità di tempo. Il bello è che questa vibrazione, chiamata “frequenza”, è stabile a livelli incredibili.
Il problema è che questi dispositivi sono delicati, costosissimi e difficili da mantenere. Ne esistono meno di 100 in tutto il mondo. E non basta costruirli bene: bisogna anche confrontarli fra loro, perché ognuno si basa su un elemento diverso (lo stronzio non vibra come l’itterbio, e così via). Da qui l’importanza del confronto coordinato tra più orologi, tutti collegati tra loro con fibre ottiche che attraversano l’Europa da un capo all’altro. In pratica, un internet della precisione.

La scienza dietro il tempo
L’articolo pubblicato su Optica spiega nel dettaglio come sono stati misurati 38 rapporti di frequenza tra dieci orologi ottici in sei Paesi: Regno Unito, Italia, Francia, Germania, Finlandia e Giappone. Queste frequenze non sono tutte indipendenti, e proprio per questo è stata necessaria un’analisi statistica molto raffinata, che ha incluso anche la valutazione delle correlazioni tra misure condivise (Lindvall et al., 2025). Per certi confronti, le differenze erano minime: si parla di variazioni dell’ordine di 10^-17. Numeri che, a occhio nudo, sono invisibili ma che nella fisica contano moltissimo. Alcune misurazioni sono avvenute tramite collegamenti in fibra ottica (più precisi), altre via satellite usando la tecnica IPPP (Integer Precise Point Positioning).
I dati raccolti sono stati incrociati per valutare eventuali discrepanze. In effetti, qualche sorpresa è saltata fuori: ad esempio, il segnale distribuito dall’orologio Yb dell’INRiM italiano via GNSS ha mostrato uno scostamento anomalo, probabilmente dovuto a un problema temporaneo poi mai più osservato. Anche il clock al Sr del SYRTE francese pare avesse una deriva durante l’esperimento, ipotizzata ma non confermata (Optica, 2025). Le misurazioni locali – come quelle effettuate tra due orologi sullo stesso campus – hanno avuto incertezze ancora più basse, e sono servite da confronto per verificare l’affidabilità delle trasmissioni a distanza. Alcuni rapporti di frequenza misurati per la prima volta, come quello tra Yb⁺(E3) e In⁺, potrebbero influenzare direttamente la prossima ridefinizione del secondo nel SI. I ricercatori sono riusciti anche a calcolare 242 coefficienti di correlazione non nulli tra le frequenze, una novità importante per le future ottimizzazioni dei valori standard.