Buoni pasto, la legge è legge: ti spettano anche se non vai tutti i giorni in ufficio | In molti non lo sanno e restano fregati

Buoni pasto e ufficio (Canva foto) - www.sciencecue.it
Buoni pasto anche per chi lavora da casa: la legge ora parla chiaro, ma in tanti non lo sanno e rischiano di perderli senza accorgersene.
Negli ultimi anni, l’ufficio ha smesso di essere l’unico posto in cui si lavora. Il tavolo della cucina, il divano del salotto o la scrivania in camera sono diventati vere e proprie postazioni operative. Lo smart working non è più un’eccezione: è entrato nella normalità, cambiando orari, abitudini e, inevitabilmente, anche i rapporti con colleghi e azienda.
Con questo cambio radicale, però, sono emerse tante domande. Una su tutte: chi lavora da casa ha gli stessi diritti di chi timbra il cartellino ogni giorno? Il punto non è solo economico, ma anche simbolico. Perché a volte, quando si è lontani dall’ufficio, si rischia di restare fuori anche da benefici semplici ma importanti, come appunto i buoni pasto.
Per molti, infatti, il buono pasto è più di un semplice contributo per la pausa pranzo. È un aiuto concreto nella vita quotidiana, un piccolo sostegno che diventa utile anche per fare la spesa o ordinare un pasto quando il frigo è vuoto. E sapere se spetti o no, soprattutto in smart working, fa tutta la differenza del mondo.
La cosa strana è che, pur essendo uno strumento diffusissimo, c’è ancora tantissima confusione su quando i buoni pasto siano un diritto effettivo. E capita fin troppo spesso che chi lavora da remoto non li riceva, pur avendone diritto. Ma ora, finalmente, la situazione si sta chiarendo.
Lo smart working non esclude i buoni pasto
Secondo quanto stabilito dal Protocollo Nazionale sul lavoro agile del 7 dicembre 2021, firmato tra Ministero del Lavoro e parti sociali, i lavoratori in smart working devono ricevere gli stessi trattamenti di chi lavora in presenza, compresi i buoni pasto. L’articolo 9 del documento lo dice chiaramente: niente discriminazioni, né economiche né normative, per chi lavora da casa.
Questo significa che il datore di lavoro non può negare i buoni pasto solo perché il dipendente è in modalità agile, a meno che non esistano specifiche condizioni contrattuali che lo giustifichino. È una questione di parità e di logica: se si lavora, si ha diritto ai benefit previsti, ovunque ci si trovi.

Molti ancora non lo sanno e ci rimettono
Eppure, nonostante tutto, sono ancora tante le aziende che non li erogano correttamente ai lavoratori da remoto. Spesso per ignoranza, a volte per evitare costi. Ma il rischio, in questi casi, è quello di violare la normativa e creare un evidente squilibrio interno. Senza contare il disagio del lavoratore che scopre, magari troppo tardi, che quei buoni gli spettavano eccome.
La verità è che i buoni pasto sono un diritto anche in smart working, e non un favore. Servono a sostenere il lavoratore e sono riconosciuti anche fiscalmente come strumento di welfare. Chi li riceve può usarli per mangiare fuori, fare la spesa o ordinare da casa. Esattamente come chi lavora in ufficio. Basta solo che venga rispettata la legge.