Difficoltà in matematica? L’IA analizza i movimenti oculari e suggerisce esercizi personalizzati

Illustrazione di un libro di matematica (Pexels FOTO) - www.sciencecue.it
Molte persone vanno molto male in matematica, eppure potrebbe esserci un metodo per affrontare questo problema.
Hai mai sentito parlare dell’eye tracking applicato alla didattica della matematica? In parole povere, si tratta di registrare dove guarda una persona mentre risolve un problema o segue una lezione. Sembra una cosa super tecnica (e lo è, un po’), ma può dire tantissimo su come pensiamo, capiamo e impariamo la matematica.
Oggi tanti ricercatori usano l’eye tracking per osservare come gli studenti affrontano i compiti matematici, senza interrompere il loro flusso mentale. È un vantaggio enorme, perché possiamo raccogliere informazioni su ciò che succede “dietro le quinte”, anche su processi di pensiero che spesso sfuggono alla consapevolezza di chi li vive.
Detto così, sembra una figata. Ma, ovviamente, c’è un ma. Perché interpretare i movimenti degli occhi non è semplice. Solo perché uno guarda un certo punto, non significa necessariamente che stia pensando a quel punto. L’attenzione visiva può dirci molto, sì, ma va sempre inquadrata dentro un modello teorico. E qui arriva il bello (e anche un po’ il complicato): ci sono diversi modi per “leggere” quello che ci dicono gli occhi.
Questa raccolta di studi cerca proprio di affrontare queste sfide. Gli autori hanno cercato di essere super chiari su come interpretano i dati dell’eye tracking, proponendo approcci diversi ma complementari. Alcuni partono dal presupposto che “dove guardi = dove pensi”, altri invece distinguono tra attenzione foveale e attenzione periferica, mentre altri ancora si ispirano all’idea che pensare significhi anche muoversi, guardare, toccare.
Come leggere gli occhi (e cosa possiamo davvero capire)
Quando guardiamo dove guarda una persona che risolve un problema di matematica, non stiamo semplicemente seguendo il suo sguardo: stiamo cercando di ricostruire il suo pensiero. Ma come farlo? Beh, ci sono vari modi. Un primo gruppo di studi adotta l’ipotesi “eye-mind”, che dice in pratica: quando fissiamo un punto, è perché stiamo elaborando proprio quell’informazione. Quindi se uno studente guarda a lungo una figura geometrica o un numero su un grafico, è perché sta cercando di capirlo meglio, magari perché lo trova difficile o ambiguo. Alcuni ricercatori, però, mettono dei “ma”: a volte, l’attenzione è più interna, più astratta. Tipo quando ci si ferma a pensare a una definizione che si conosce già, anche se non si sta fissando niente in particolare.
Un secondo filone invece vede l’attenzione visiva come qualcosa che ci aiuta a capire le strategie di ragionamento, senza dare per scontato che ogni sguardo equivalga a un pensiero cosciente. Qui si parla anche di visione periferica: magari uno studente non guarda direttamente un elemento, ma lo tiene comunque “in mente” mentre lavora su qualcos’altro. È un modo più fluido e meno “meccanico” di concepire l’interazione tra occhi e cervello. E infine c’è un approccio più radicale, ma molto affascinante: quello dell’embodied cognition, dove gli occhi non sono solo strumenti per guardare, ma veri e propri attori nel processo di pensiero. Qui pensare e muoversi (anche solo con gli occhi!) sono due facce della stessa medaglia. Alcuni studi mostrano come gli studenti sviluppino veri e propri “schemi di movimento” con gli occhi, che diventano parte del modo in cui imparano e risolvono i problemi.

Promesse, limiti e piccole rivoluzioni in classe
Questa raccolta di studi ci mostra anche il potenziale enorme dell’eye tracking nella didattica della matematica, sia in termini pratici che teorici. Alcuni lavori si concentrano sulle strategie degli studenti, altri cercano di capire come cambiano le rappresentazioni mentali, altri ancora si avventurano in classi vere e proprie, con studenti dotati di occhiali speciali per registrare lo sguardo. Un misto di laboratorio e vita reale, insomma. Ci sono ricerche su bambini di prima che guardano pattern e quantità, studenti delle superiori che interpretano grafici statistici, universitari che cercano di mettere insieme rappresentazioni algebriche e visive.
In molti casi, i movimenti oculari permettono di capire le strategie usate dagli studenti, anche quando le loro risposte non dicono tutto. In altri casi, ci si accorge che l’attenzione non è dove pensavamo: magari uno studente guarda una formula, ma sta ragionando su un’immagine memorizzata poco prima. Dal punto di vista metodologico, gli studi mettono in luce anche i limiti dell’eye tracking. Per esempio, non possiamo sapere con certezza cosa sta succedendo nella visione periferica, e questo ci obbliga a usare altre fonti (interviste, osservazioni, ecc.) per completare il quadro. E poi, l’eye tracking tende a focalizzarsi sul singolo individuo, quando invece l’apprendimento, soprattutto in matematica, è spesso un fatto sociale.