Nato da due padri: il primo topo bi-paterno arriva all’età adulta

Topo in laboratorio (Depositphotos foto) - www.sciencecue.it
Un esperimento rivoluzionario ha fatto crescere un topo con due padri biologici, superando ostacoli genetici fino ad oggi insormontabili.
Di solito, quando si parla di come nasce una nuova vita, le cose sembrano piuttosto semplici: un ovulo da una parte, uno spermatozoo dall’altra, si incontrano e… voilà, ecco un nuovo essere vivente. Ma la scienza, si sa, ama complicare (o forse migliorare?) le cose, cercando strade alternative che fino a poco tempo fa sembravano pura fantascienza.
Una di queste strade? Creare un animale con due genitori maschi. Sì, hai letto bene: due padri. Negli anni, diversi scienziati ci hanno provato, ma con scarsi risultati. Le difficoltà erano tante, soprattutto a livello genetico. Gli embrioni partivano, iniziavano a svilupparsi, ma poi si bloccavano a un certo punto e non andavano oltre. Il problema principale?
Quei maledetti geni dell’imprinting, che regolano come si esprimono altri geni e che sembravano mettere il bastone tra le ruote ogni volta che si tentava qualcosa del genere. La riproduzione unisessuale nei mammiferi è sempre stata considerata una specie di muro invalicabile.
Anche quando si riusciva a “costruire” embrioni con due madri o due padri in laboratorio, questi si fermavano presto, incapaci di crescere normalmente. Il motivo era sempre lo stesso: i geni dell’imprinting creavano problemi, impedendo agli embrioni di svilupparsi in modo sano.
Un esperimento che cambia le regole del gioco
Ma qualcosa è cambiato. Un gruppo di scienziati della Chinese Academy of Sciences di Pechino, guidato da Wei Li, ha finalmente fatto il colpo grosso: sono riusciti a creare un topo con due padri biologici che ha vissuto fino all’età adulta. Il loro studio, pubblicato il 28 gennaio 2025 su Cell Stem Cell, spiega come ci sono riusciti. In pratica, hanno preso di mira 20 geni dell’imprinting, modificandoli uno per uno con diverse tecniche – tipo mutazioni frameshift (un po’ come cambiare l’ordine delle lettere in una parola), cancellazioni di pezzi di DNA e altre modifiche sulle regioni regolatorie.
Queste modifiche hanno permesso di superare il blocco che impediva agli embrioni di crescere. Non solo alcuni topi sono nati, ma addirittura alcuni di loro sono riusciti a raggiungere l’età adulta. Certo, non è tutto rose e fiori: solo l’11,8% degli embrioni ha effettivamente visto la luce, e molti cuccioli avevano difetti di sviluppo. Quelli che sono sopravvissuti erano diversi dagli altri topi: crescevano in modo strano, vivevano meno e, cosa importante, erano sterili.

Cosa ci riserva il futuro (e i limiti etici)
Nonostante queste limitazioni, il risultato è comunque un passo enorme per la ricerca sulle cellule staminali e la medicina rigenerativa. Secondo Guan-Zheng Luo dell’Università Sun Yat-sen di Guangzhou, questa tecnica potrebbe migliorare lo sviluppo delle cellule staminali embrionali e perfino la clonazione. Ma c’è ancora tanto lavoro da fare. Gli scienziati vogliono capire se ulteriori modifiche ai geni dell’imprinting potrebbero portare alla nascita di topi bi-paterni sani e magari persino fertili.
E non finisce qui. Il team ha in mente di provare a replicare l’esperimento su animali più grandi, come le scimmie. Ma qui le cose si complicano parecchio, perché i geni dell’imprinting nelle scimmie sono molto diversi da quelli dei topi. E per quanto riguarda gli esseri umani? Beh, qui entra in gioco l’etica. Le linee guida internazionali vietano la modifica del genoma a fini riproduttivi e l’uso di gameti derivati da cellule staminali umane, perché considerati ancora troppo rischiosi. Quindi, almeno per ora, niente bambini con due papà biologici. Ma chi può dire cosa ci riserverà il futuro?