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Osservata per la prima volta un’interazione tra fotoni e coppie di atomi

Le leggi che regolano il comportamento di un sistema su scala di un singolo atomo o particella sono profondamente diverse da quelle che si osservano nel mondo macroscopico e di cui facciamo esperienza tutti i giorni. Riuscire a comprendere il funzionamento dei sistemi quantistici è ormai fondamentale per tutta una serie di nuove tecnologie che vedono le proprie radici su questi sistemi, proprio basati sulla fisica quantistica.

Nel settore dell’informatica l’applicazione delle leggi quantistiche ai processi di elaborazione dati ha portato a quello che viene definito computing quantistico: la capacità di una macchina di eseguire calcoli con una velocità e potenza esponenzialmente più grandi rispetto ad un computer classico grazie all’unità computazionale fondamentale (il qubit) che si ottiene come sovrapposizione di stati quantici.

Le applicazioni non si limitano però al calcolo computazionale: in molti settori come l’ottica e le telecomunicazioni si seguono gli sviluppi di tecnologie come la crittografia quantistica, che sfrutta delle proprietà delle particelle subatomiche per migliorare la cifratura di dati nelle comunicazioni, e come l’imaging quantistico, un settore dell’ottica che sfrutta le proprietà quantistiche della luce per aumentare la risoluzione e la sensibilità in tutte quelle tecniche di scansione ampiamente usate nelle scienze dei materiali.

Cos’è l’elettrodinamica quantistica?

Molte delle tecnologie quantistiche che si stanno sviluppando negli ultimi anni hanno un punto di partenza in comune: richiedono una descrizione di come la materia interagisce con la luce. La teoria che si ripropone di trovare tale descrizione è la QED (quantum electrodynamics).

L’elettrodinamica quantistica (QED) è, quindi, la teoria che descrive tutti quei fenomeni in cui le particelle cariche interagiscono con il campo elettromagnetico. Mentre nelle teorie classiche dell’elettromagnetismo l’interazione si descrive in termini di forza tra particelle cariche, l’interpretazione che si fa in una formulazione quantistica della teoria è molto diversa.

La forza che sentono le cariche è interpretata come l’effetto che il campo generato della prima, inteso come una perturbazione delle proprietà dello spazio intorno alla particella carica, genera sulla seconda.

La perturbazione delle proprietà elettromagnetiche dello spazio si propaga tra le due cariche mediante una particella, che è mediatrice dell’interazione, o quanto del campo di interazione. Le due cariche, quindi, comunicano tra loro non per effetto di una forza ma per scambio di una particella mediatrice. Nel caso del campo elettromagnetico la particella mediatrice responsabile dell’interazione è il fotone.

L’obiettivo ultimo della QED è quindi quello di capire come interagiscono gli atomi che costituiscono un sistema, con i fotoni mediatori dell’interazione elettromagnetica.

L’elettrodinamica quantistica delle cavità

Radiazione elettromagnetica e materia interagiscono però in maniera classica finché si considerano sistemi che non sono sulla scala delle singole particelle. Un modo per studiare l’interazione tra fotoni e materia in un sistema dove la luce mostra le sue proprietà quantistiche è quello di confinare i fotoni in sistemi di dimensioni ridotte, come delle cavità di dimensioni micrometriche.

Queste funzionano come dei risuonatori ottici che confinano i modi di oscillazione del campo elettromagnetico (i fotoni) in regioni di grandezza dell’ordine della lunghezza d’onda della radiazione utilizzata.

Il modo più semplice per capire il funzionamento di un risuonatore ottico è quello di pensare ad un sistema di specchi posizionati in modo che i fotoni vengano riflessi moltissime volte prima di poter essere assorbiti dal materiale o trasmessi. Per fare un esempio, questa è la stessa tecnologia che sta alla base del funzionamento dei laser moderni.

Si osserva la prima interazione tra un fotone e una coppia di atomi

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Coppie di atomi all’interno di una cavità ottica formata da due specchi. Credits: Ella Maru studio

Nonostante i risultati ottenuti finora dagli studi sull’interazione tra luce e materia non si può dire che tutte le risposte siano state trovate: Al momento le uniche interazioni che si riescono ad osservare, e quindi studiare, sono quelle che avvengono tra la luce (i fotoni) ed i singoli atomi.

Questo pone dei limiti importanti sulla capacità di studiare come la luce interagisce con la materia in sistemi complessi, che sono alla base di molte delle tecnologie quantistiche. In un articolo pubblicato sulla rivista Nature, alcuni ricercatori della EPFL (Scuola Politecnica Federale di Losanna) sono però riusciti a far interagire dei fotoni con coppie di atomi, in un sistema a temperature estremamente basse.

Per osservare l’interazione i fisici hanno usato un gas di atomi di litio a bassissime temperature, in uno stato della materia noto come gas di Fermi. Questo è un modello che descrive la fisica di un sistema composto da particelle libere di tipo fermionico, che permette di studiare ad esempio il comportamento degli elettroni di conduzione in un metallo o quello dei nucleoni (protoni e neutroni) nel nucleo atomico.

In assenza di fotoni il gas può essere preparato in uno stato particolare in cui coppie di atomi si trovano debolmente legate. Quando la luce viene inviata sul gas le coppie di atomi possono assorbire un fotone per formare delle molecole chimicamente legate. Il fenomeno avviene in modo tale che ci siano moltissimi assorbimenti del fotone da parte della coppia di atomi e successiva riemissione.

Quello che si ottiene è che il sistema coppia-fotone forma un nuovo tipo di ‘particella’, uno stato di eccitazione particolare del sistema, che viene definita coppia-polaritone. Un aspetto interessante del risultato ottenuto è che l’ibrido coppia-polaritone presenta alcune proprietà dei fotoni e altre del gas di Fermi. In particolare, molte delle proprietà complesse del gas si ritrovano nel sistema come proprietà ottiche, che possono essere misurate direttamente con metodi tradizionali e senza perturbare lo stato del sistema.

Future applicazioni dello studio fatto dai ricercatori potrebbero riguardare la chimica quantistica. Come spiega Jean-Philippe Brantut, uno degli autori dell’articolo, si può dimostrare che molte reazioni chimiche avvengano con lo stesso meccanismo di assorbimento di fotoni di quello osservato nell’interazione tra la luce e il gas di atomi di Litio.

Articolo a cura di Pierpaolo Bassetti