Biologia

La più grande ragnatela del mondo: ci convivono 111.000 ragni, com’è possibile

Scoperta una gigantesca colonia di ragni in una grotta al confine tra Albania e Grecia.

Oltre 111.000 esemplari convivono in un’enorme ragnatela collettiva. Lo studio offre nuove prospettive sull’evoluzione del comportamento sociale nei ragni e solleva interrogativi sulla biodiversità estrema degli ambienti ipogei contaminati da zolfo.

Un ecosistema estremo e un comportamento mai osservato prima

Nel cuore di una grotta sulfurea situata lungo il confine montuoso tra Grecia e Albania, un team di biologi ha documentato quello che si configura come il più grande raggruppamento coloniale di ragni mai osservato in natura. All’interno della cosiddetta Sulfur Cave, più di 111.000 esemplari di due specie differenti condividono uno spazio ristretto, costruendo una rete di ragnatele interconnesse che si estende per oltre 106 metri quadrati.

La scoperta, pubblicata il 17 ottobre 2025 sulla rivista scientifica Subterranean Biology, rappresenta una pietra miliare nello studio dell’ecologia dei ragni e degli adattamenti degli organismi agli ambienti ipogei estremi, caratterizzati da oscurità permanente, umidità elevata e concentrazioni tossiche di gas come l’idrogeno solforato.

La struttura della ragnatela collettiva: una metropoli sotterranea

L’enorme ragnatela è distribuita lungo le pareti di un corridoio stretto e a soffitto basso, nei pressi dell’ingresso della cavità. Più che una singola ragnatela, si tratta di un mosaico di funnel web, ovvero ragnatele a imbuto tipiche delle specie coinvolte. Queste strutture, apparentemente indipendenti, sono state realizzate in modo così fitto e interconnesso da creare un vero e proprio tessuto sociale, raro nel mondo aracnide.

Secondo il biologo István Urák, autore principale dello studio e professore associato presso la Sapientia Hungarian University of Transylvania, questa è la prima evidenza documentata di comportamento coloniale nelle specie coinvolte: Tegenaria domestica e Prinerigone vagans.

Distribuzione degli esemplari nella colonia

Durante le fasi di rilevamento, i ricercatori hanno stimato la presenza di circa 69.000 individui di T. domestica e oltre 42.000 esemplari di P. vagans. Entrambe le specie sono comuni nelle aree antropizzate, ma in natura si comportano in maniera nettamente diversa, con un marcato individualismo e, in alcuni casi, atteggiamenti predatori interspecifici.

Sulfur Cave: un laboratorio naturale di adattamenti estremi

La Sulfur Cave si distingue per la sua genesi geochimica: la cavità è stata modellata nel tempo dall’azione dell’acido solforico, derivato dall’ossidazione dell’idrogeno solforato presente nelle acque sotterranee. Questo processo ha prodotto un ambiente altamente selettivo, inospitale per la maggior parte delle forme di vita complesse.

Eppure, all’interno di questo microcosmo tossico, si è sviluppata una catena trofica unica, basata sul metabolismo di batteri chemiosintetici. Le pareti della grotta sono rivestite da biofilm microbici bianchi, composti da comunità di batteri ossidanti lo zolfo, che costituiscono la fonte primaria di energia dell’ecosistema.

La rete alimentare della grotta

Questi biofilm supportano grandi popolazioni di chironomidi non pungenti, insetti che si nutrono direttamente dei batteri. I ragni della colonia si alimentano a loro volta dei chironomidi, in un ciclo che si autosostiene in assenza totale di luce solare. Questo tipo di ecosistema, definito chemoautotrofico, è tipico delle grotte sulfuree e rappresenta un modello privilegiato per studiare la vita in ambienti estremi, anche extraterrestri.

Una convivenza contro le regole dell’etologia

Uno degli aspetti più sorprendenti della scoperta riguarda la coabitazione pacifica tra due specie notoriamente solitarie. In contesti ordinari, T. domestica potrebbe predare P. vagans, ma in questo caso, gli studiosi ipotizzano che l’oscurità permanente della grotta abbia influito sulla percezione visiva, limitando comportamenti predatori tra conspecifici e interspecifici.

Le osservazioni in situ indicano un’assenza di competizione visibile per il territorio o le risorse. Questa condizione potrebbe essere un esempio di plasticità comportamentale indotta da stress ambientale estremo, con risvolti significativi per la biologia evolutiva.

Confronti genetici e impatti sull’evoluzione

Per verificare il grado di isolamento e di adattamento delle popolazioni cavernicole, i ricercatori hanno eseguito analisi del DNA mitocondriale e nucleare, confrontando gli esemplari della Sulfur Cave con individui delle stesse specie raccolti in ambienti epigei. I risultati hanno evidenziato differenze genetiche marcate, suggerendo una divergenza evolutiva in corso tra le popolazioni di superficie e quelle ipogee.

Anche le analisi metagenomiche del microbioma intestinale dei ragni hanno rivelato una biodiversità batterica significativamente ridotta nei soggetti cavernicoli, coerente con una dieta più monotona e altamente specializzata basata quasi esclusivamente sui chironomidi locali.

Origine e dinamica della scoperta scientifica

La ragnatela fu individuata per la prima volta nel 2022 da membri della Czech Speleological Society durante un’esplorazione nel canyon di Vromoner. Tuttavia, fu solo nel 2024 che un team multidisciplinare intraprese uno studio sistematico della cavità, raccogliendo campioni e documentando la presenza massiccia dei ragni.

Nel 2025, István Urák ha guidato un’ulteriore spedizione dedicata esclusivamente all’analisi ecologica della colonia, culminata nella pubblicazione dei risultati nella rivista Subterranean Biology. Le immagini e i rilievi effettuati sul campo costituiscono oggi una fonte unica per lo studio dell’ecologia ipogea e dei comportamenti cooperativi emergenti.

Implicazioni per la speleobiologia e la conservazione

L’eccezionalità di questa scoperta impone una riflessione sulla vulnerabilità degli ecosistemi cavernicoli. La Sulfur Cave è situata in una zona montuosa di confine tra due stati, rendendo complesse eventuali misure di protezione ambientale. Tuttavia, la sua unicità ecologica la rende una candidata ideale per future proposte di tutela come Sito di Interesse Biologico Internazionale.

Urák e il suo team hanno già annunciato lo sviluppo di una nuova linea di ricerca focalizzata sull’interazione tra biofilm microbici e comunità trofiche cavernicole. Le informazioni raccolte potrebbero offrire modelli utili alla biotecnologia ambientale, alla microbiologia applicata e alla gestione sostenibile delle grotte naturali.

Un nuovo paradigma per il comportamento sociale nei ragni

Il comportamento collettivo osservato in Sulfur Cave mette in discussione numerosi assunti sull’ecologia dei ragni. Tradizionalmente considerati animali solitari, questi artropodi mostrano in questa circostanza una cooperazione involontaria o forzata dal contesto ambientale, simile a quanto osservato in alcune specie di insetti eusociali in condizioni di isolamento estremo.

La scoperta apre nuovi fronti di ricerca sulla plasticità genetica e comportamentale degli artropodi, suggerendo che la selezione naturale può favorire strategie collettive anche in taxa tipicamente individualisti, quando le condizioni ecologiche lo rendano vantaggioso.

Perché è così importante questa scoperta

L’enorme ragnatela scoperta nella Sulfur Cave non è soltanto un fenomeno spettacolare dal punto di vista naturalistico, ma costituisce un modello scientifico di estremo valore per comprendere:

  • l’evoluzione dei comportamenti cooperativi in ambienti estremi,
  • gli effetti della selezione ambientale sulla genetica e sul microbioma,
  • la resilienza e la stabilità degli ecosistemi chemoautotrofici ipogei,
  • le interazioni interspecifiche tra predatori adattati alla scarsità di risorse visive.

Il lavoro di Urák e colleghi rappresenta un nuovo punto di partenza per gli studi di speleobiologia, comportamenti emergenti e adattamenti estremi in condizioni limite. In attesa di ulteriori risultati, la Sulfur Cave si afferma come uno dei luoghi più straordinari per osservare la complessità nascosta della vita nelle profondità della Terra.

Published by
Carolina Valdinosi