Illustrazione di un lepidosauro (Canva FOTO) - sciencecue.it
Questo fossile è molto interessante in quanto fornisce alcune informazioni interessanti, dal punto di vista evolutivo, su questo gruppo.
Nel cuore della costa del Devon, nel Regno Unito, è stato fatto un ritrovamento molto interessante: un piccolo scheletro, lungo appena dieci centimetri, che racconta alcuni particolari sull’origine dei “rettili” più comuni di oggi. Si tratta di Agriodontosaurus helsbypetrae, un antico lepidosauro del Triassico, cioè appartenente al gruppo che comprende lucertole, serpenti e il raro tuatara della Nuova Zelanda. Un fossile minuscolo, ma che porta con sé un’enorme quantità di indizi sull’evoluzione di queste creature.
Il reperto è sorprendentemente completo: cranio e scheletro provengono dalla Helsby Sandstone Formation, una formazione rocciosa che custodisce tracce di ecosistemi vissuti circa 242 milioni di anni fa. Per dare un’idea, si parla di un’epoca appena precedente alla comparsa dei dinosauri. Ma c’è di più: il fossile è più antico di almeno 3-7 milioni di anni rispetto a Wirtembergia, considerato finora il più vecchio lepidosauro conosciuto.
Lepidosauri come questo sono un tassello fondamentale della biodiversità terrestre. Oggi se ne contano circa 12.000 specie, tra cui serpenti e lucertole (i cosiddetti squamati) e una sola specie di rincocefalo, il tuatara (Sphenodon punctatus). Questi animali devono la loro straordinaria diffusione a caratteristiche del cranio che permettono movimenti complessi e la capacità di inghiottire prede molto grandi. Il tuatara, invece, mantiene tratti più arcaici, con un cranio rigido e un aspetto che ricorda i rettili ancestrali.
Finora i paleontologi avevano immaginato che i primi lepidosauri mostrassero almeno in parte questi tratti “moderni”, come una mascella capace di aprirsi molto e denti sul palato per bloccare le prede. Eppure, l’analisi di questo minuscolo fossile racconta ben altro. L’esemplare, pur condividendo qualche caratteristica con lucertole e serpenti, mostra un insieme di dettagli del tutto inattesi.
Agriodontosaurus helsbypetrae non era un gigante, ma il suo corpo compatto e i denti sorprendentemente grandi raccontano un’altra storia. Le scansioni del cranio, realizzate con estrema precisione, hanno rivelato denti triangolari e robusti, ideali per trafiggere e lacerare gli esoscheletri degli insetti, proprio come fa oggi il tuatara. La struttura del cranio, con un’ampia apertura nella parte temporale e processi ossei rinforzati, indica un morso rapido e potente. Un dettaglio curioso è l’assenza di denti sul palato, una caratteristica tipica di molte lucertole e serpenti. Questa mancanza potrebbe indicare che il piccolo predatore riusciva a nutrirsi senza: i suoi denti marginali, forti e affilati, erano sufficienti a trattenere e tagliare le prede.
Gli studiosi, tra cui Dan Marke e Michael Benton dell’Università di Bristol, hanno descritto l’animale come un cacciatore di insetti particolarmente efficiente. Secondo l’articolo pubblicato su Nature, il cranio relativamente immobile ricorda quello del tuatara, ma con tratti insoliti. L’assenza della cosiddetta “barra temporale inferiore”, cioè il bastoncino osseo tra guancia e mandibola, è considerata un prerequisito per l’evoluzione di crani mobili come quelli degli squamati, pur non essendo di per sé garanzia di mobilità. Inoltre, le grandi orbite e una struttura auricolare adatta a percepire i suoni suggeriscono sensi acuti, fondamentali per catturare insetti veloci come cavallette e blatte del Triassico.
La scoperta di Agriodontosaurus non è solo un nuovo tassello nella paleontologia: spinge indietro di milioni di anni la nascita del gruppo Lepidosauria. Secondo lo studio su Nature, il fossile fissa un’età minima di 245-241 milioni di anni per la separazione tra i due rami principali: Rhynchocephalia (che include il tuatara) e Pan-Squamata (antenati di lucertole e serpenti). Alcuni indizi, come le ossa nasali e i denti parzialmente acrodonti (cioè attaccati in superficie e non in alveoli profondi) confermano che si tratta di un membro a pieno titolo del gruppo, non di un antenato più generico.
Questa scoperta sostiene anche l’ipotesi di un’origine europea per i lepidosauri. Mentre alcune ricerche precedenti avevano suggerito radici più antiche, forse addirittura nel Permiano (260 milioni di anni fa circa), il nuovo reperto rafforza l’idea che la vera espansione sia avvenuta dopo la grande estinzione di fine Permiano, quando i primi ecosistemi “moderni” presero forma nel Triassico. La combinazione di tratti come il contatto tra certe ossa del cranio e la particolare disposizione della mascella, mostra una fase di transizione, a metà strada tra le forme più primitive e quelle tipiche di lucertole e serpenti.