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Scoperti in Polonia antichi segni di pesci che strisciavano sulla terra 10 milioni di anni prima dei tetrapodi

Il passaggio dall’acqua alla terraferma è stato un passaggio fondamentale per i tetrapodi, eppure qualche altro pesce ci aveva già provato.

Ci sono scoperte che sembrano arrivare dal nulla e che invece cambiano il modo in cui si guarda all’evoluzione. È il caso di alcune impronte fossili trovate in Polonia, nelle montagne Świętokrzyskie (i Monti della Santa Croce).

Non si tratta di semplici segni sul fango indurito, ma di vere e proprie testimonianze dei primi “esperimenti” di locomozione terrestre dei vertebrati. Anche se in natura sono tanti gli animali acquatici che, seppur per breve tempo, riescono a “muoversi” un po’ fuori dall’acqua, per poi ritornare nel loro habitat.

E’ una scoperta interessante in quanto si vedono i segni del corpo, del muso, delle pinne: dettagli che restituiscono la fatica di animali che ancora non erano proprio adattati a camminare, ma che in qualche modo ci hanno provato. E per puro caso.

La cosa sorprendente è che queste tracce risalgono al Devoniano inferiore, più di 400 milioni di anni fa. Anticipano di circa dieci milioni di anni le orme dei primi tetrapodi “ufficiali”, cioè i vertebrati capaci di muoversi stabilmente sulla terra. E a lasciare quei segni non erano antenati diretti degli anfibi, bensì pesci dipnoidi, gli stessi che oggi conosciamo come “pesci polmonati”.

Quando si pensa ai fossili, si immaginano ossa e scheletri. Qui invece si tratta di comportamenti fossilizzati. Infatti, si tratta di vere e proprie tracce che sono state preservate per circa 400 milioni di anni, e che ci raccontano il particolare comportamento di questi pesci.

Le tracce e la loro interpretazione

Come riportato dalla ricerca pubblicata su Nature, gli studiosi hanno attribuito il nuovo insieme di impronte a una specie di pista fossile, chiamata Reptanichnus acutori igen. et isp. nov.. Questa non è una singola impronta, ma un “pacchetto” di segni diversi: un solco allungato lasciato dal tronco che strisciava sul fondale, scanalature strette e profonde che corrispondono alle pinne, e piccoli incavi bilobati riconducibili al muso, usato come punto d’appoggio. Il quadro che ne emerge è quello di un pesce che non nuotava, ma si trascinava fuori dall’acqua, sfruttando ogni parte del corpo per avanzare.

Accanto a queste impronte di movimento compare un altro tipo di segno, battezzato Broomichnium ujazdensis isp. nov.. Qui non si vede più un percorso, ma una posizione statica: coppie di solchi paralleli lasciati dalle pinne, come se l’animale si fosse fermato a riposare sul fondo. Il confronto con esperimenti condotti su dipnoidi moderni, come il pesce polmone africano Protopterus annectens, mostra che il comportamento era molto simile: il muso piantato nel sedimento per fare leva, il corpo che si torce e le pinne che toccano il terreno a intervalli irregolari.

Illustrazione di alcune tracce lasciate dal dipnoo (Szrek et al., 2025 FOTO) – sciencecue.it

Il significato dal punto di vista evolutivo

La portata della scoperta è notevole. Prima di tutto perché documenta le primissime prove di locomozione semi-terrestre da parte di un gruppo di vertebrati che non apparteneva alla linea dei tetrapodi. In altre parole, l’adattamento a muoversi in condizioni di acqua molto bassa o addirittura all’asciutto non è stato un evento isolato, ma una strategia evolutiva utilizzata da diversi gruppi. I dipnoidi, come dimostrano le tracce, utilizzavano muso e pinne per trascinarsi, un po’ come fanno oggi i mudskipper o alcuni pesci ossei capaci di “camminare” lateralmente.

La maggior parte dei solchi del muso si inclina verso sinistra, segnalando una sorta di “mancinità” preistorica. È il più antico indizio di lateralizzazione conosciuto tra i vertebrati, e contrasta con la prevalenza di comportamenti destrimani osservata in molte specie moderne. Il contesto geologico in cui si sono conservati questi segni ha fatto il resto. Le superfici erano coperte da sottili strati vulcanici (tufiti) che hanno sigillato le impronte, evitando che venissero cancellate da altri organismi o dalle correnti. 

Published by
Mattia Papàro