Illustrazione di una persona in un bosco (Pixabay FOTO) - www.sciencecue.it
I social network per certi versi possono essere deleteri, eppure dal punto di vista scientifico potrebbero essere degli ottimi strumenti.
Hai presente quando si dice che i social sono solo tempo perso? Ecco, forse è ora di rivedere un attimo il concetto. Perché a quanto pare, mentre scorriamo foto su Instagram o carichiamo qualche scatto su Flickr, potremmo inavvertitamente aiutare la scienza. No, davvero. C’è uno studio nuovo che mostra come i post sui social possano servire a monitorare gli spostamenti degli animali causati dal cambiamento climatico. In pratica, anche il selfie col gattino potrebbe contribuire alla ricerca. Più o meno.
I ricercatori dell’Università di Exeter hanno guardato da vicino i post su un insetto piuttosto vistoso, la falena tigrata. E cosa hanno scoperto? Che questi insetti, che si pensava vivessero soprattutto in zone rurali, in realtà spuntano un sacco in città. Solo che nei database ufficiali… non se ne vede quasi traccia. Perché? Semplice: i metodi tradizionali di monitoraggio spesso ignorano le aree urbane.
Ed è qui che entrano in gioco i social. Su Instagram, ad esempio, ci sono un sacco di foto della falena in ambienti cittadini. Persone che l’hanno avvistata in giardino, nei parchi, sul balcone… e l’hanno immortalata senza sapere che stavano fornendo dati utilissimi. Insomma, mentre le ricerche ufficiali arrancano per tenere il passo coi cambiamenti rapidi, la gente comune con uno smartphone può offrire un aggiornamento quasi in tempo reale.
Ovviamente, non tutto è rose e fiori. I social hanno i loro limiti: ci sono mode, bias geografici (cioè si posta più dalle città), e una marea di dati difficili da mettere insieme. Ma… forse è proprio in questa confusione che si nasconde un potenziale enorme. E forse, se impariamo a leggere tra le righe (e tra le stories), possiamo usarli per proteggere meglio la natura che ci circonda.
Immagina questo: un biologo cerca di capire dove vivono certe specie, ma invece di andare in mezzo alla foresta col binocolo… apre Instagram. Sembra assurdo, ma in realtà funziona. Almeno nel caso della falena tigrata. I ricercatori hanno notato che le foto postate da utenti comuni su Instagram mostrano questi insetti molto più presenti nelle città rispetto a quanto dicono i database ufficiali, come GBIF o iNaturalist. La cosa buffa è che i metodi classici tendono a raccogliere dati soprattutto dalle campagne, dove i biologi fanno le loro osservazioni. Ma nei centri urbani, dove vive la maggior parte delle persone, i dati scarseggiano. Eppure, le falene ci sono eccome! E si fanno pure fotografare, magari mentre si appoggiano sulla parete di casa o su un vaso di fiori.
Certo, bisogna fare attenzione. I dati dai social non sono perfetti. Magari la gente fotografa solo le specie più colorate o fotogeniche (difficile immaginare qualcuno che posta entusiasta un insetto grigio e anonimo…). E c’è anche il rischio che certi avvistamenti diventino virali solo perché “di moda”. Ma, e qui sta il bello, i ricercatori hanno capito come tenere conto di questi squilibri. Hanno sviluppato metodi per correggere i bias, tipo considerando l’effort (cioè quanto la gente effettivamente cerca o nota una specie). Alla fine, il succo è questo: Instagram (così come i social nati per postare fotografie) non sostituisce la scienza, ma la può affiancare.
Una delle cose che fa riflettere di più leggendo questo studio è l’idea che la natura urbana venga spesso sottovalutata. Cioè, pensiamo sempre alla biodiversità come qualcosa che accade “fuori”, in qualche riserva lontana o in una foresta tropicale. E invece, anche il giardinetto sotto casa può nascondere tesori inaspettati. La falena tigrata è solo un esempio, ma ci sono tantissime specie che si stanno spostando, o addirittura adattando, alle città. Parchi, giardini, balconi: diventano piccole oasi per animali in cerca di nuovi spazi, specialmente con i cambiamenti climatici che sconvolgono tutto.
E se non guardiamo anche lì, rischiamo di perderci pezzi interi del puzzle. I social media, per quanto caotici, possono aiutarci a tenere il passo. Certo, servono più studi, metodologie più raffinate, e magari qualche investimento serio (gli strumenti per analizzare i dati non sono gratis, purtroppo). Però il potenziale c’è. Molte città italiane, così come all’estero, esiste la Citizen Science: il cittadino partecipa, attraverso una serie di progetti, alla tutela della biodiversità urbana (e non solo!).